Alimentazione e salute: quando il fegato diventa grasso

BENESSERE

 

di Ludovico Abenavoli

Professore Associato di Gastroenterologia – Facoltà di Medicina Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro

 

Alimentazione e salute: quando il fegato diventa grasso

 

Negli ultimi anni è andato progressivamente aumentando l’interesse medico e scientifico nei confronti della steatosi epatica non alcolica, il cui acronimo inglese è NAFLD (non alcoholic fatty liver disease). Il fegato grasso è una condizione caratterizzata dall’accumulo di grasso ed in particolare di trigliceridi negli epatociti. La steatosi epatica è frequente tanto nei giovani quanto negli adulti, con un picco di incidenza intorno ai 50 anni, è molto diffusa in Italia dove si stima interessare il 25-30%  della popolazione e quindi circa una persona su tre. Sovrappeso corporeo, sedentarietà, cibi ricchi di grassi idrogenati e zuccheri raffinati, sono i killer silenziosi che contribuiscono allo sviluppo della steatosi epatica.

Con il termine steatosi epatica non alcolica, si intende non una singola condizione ma un insieme di patologie che vanno dalla steatosi epatica semplice, alla steato-epatite con presenza di infiltrato infiammatorio, alla fibrosi, fino alla cirrosi epatica ed alle sue complicanze. Ogni anno un numero non definito di steatosi semplici, caratterizzate dall’accumulo di trigliceridi nelle cellule del fegato, progredisce in steato-epatite con conseguente danno cellulare ed un modesto aumento nel sangue delle transaminasi.

Se si adottano i giusti rimedi, il processo è da considerarsi reversibile e il quadro può essere risolto grazie ai fisiologici processi di riparazione. Quando tuttavia il danno metabolico è continuo e protratto nel tempo, i meccanismi di compenso epatico vengono meno ed inizia quella cascata di eventi che determinano un danno cronico a carico del fegato.

Non esistono specifici esami di laboratorio che consentano di porre con certezza la diagnosi di steatosi epatica. Il quadro laboratoristico tipico è caratterizzato come detto dall’aumento delle transaminasi e con livelli di trigliceridi e colesterolo sopra la norma. Tuttavia questi esami possono anche non essere alterati. A volte si riscontra eccessiva presenza di glucosio ed eccesso d’insulina nel sangue in condizioni normali, che possono descrivere un quadro di insulino-resistenza, che costituisce il momento patogenetico centrale nello sviluppo della steatosi. L’ecografia è lo strumento più utilizzato per la diagnosi descrivendo il caratteristico “fegato brillante”. Facile da eseguire, accessibile, poco costosa, è questo un esame diagnostico che però presenta alcuni limiti, come l’impossibilità di diagnosticare la steatosi se l’accumulo di grasso epatico è inferiore al 30%, e inoltre non possiede la capacità per definire il grado di severità di malattia. Tuttavia negli ultimi anni sono state identificate metodiche non invasive che possono aiutare tanto il medico di medicina generale quanto lo specialista, nella gestione del paziente con steatosi epatica.

Il fegato grasso è una condizione che non solo costituisce una base su cui può svilupparsi una patologia avanzata di fegato, ma soprattutto può predisporre l’individuo allo sviluppo di altre patologie specie su base metabolica come il diabete mellito, l’ipertensione arteriosa e l’iperlipidemia, tutti quadri in grado di condizionare la storia clinica del paziente.

Il paziente con steatosi epatica presenta infatti uno stato infiammatorio cronico, che induce l’aumentata produzione di radicali liberi ed uno stress ossidativo che si ripercuotono su tutto l’organismo. In particolare, è stato evidenziato come la principale causa di decesso in un paziente con steatosi epatica sia rappresentata non dalla malattia del fegato in sé, ma dal danno a livello coronarico direttamente correlata alla steatosi.

Numerosi sono i fattori di rischio che portano allo sviluppo della steatosi epatica e che sono in grado di condizionarne l’evoluzione e la gravità. Per prima cosa bisogna porre attenzione allo stile di vita ed in particolare alla sedentarietà ed a una dieta caratterizzata da “cibo spazzatura”. L’età sopra i 50 anni, il sesso maschile, l’obesità addominale e come recentemente scoperto anche una predisposizione genetica, sono tutti fattori in grado di condizionare l’evoluzione della malattia epatica verso le sue forme più avanzate.

Ad oggi le linee guida internazionali, concordano sul fatto che il primo approccio terapeutico è rappresentato dal modificare il proprio stile di vita. Una quotidiana attività fisica aerobica, sempre associata ad una dieta equilibrata come ad esempio un regime alimentare di tipo mediterraneo, sono in grado di indurre un miglioramento della steatosi epatica, specie nelle sue forme iniziali. La perdita di peso, soprattutto del grasso addominale, costituisce un requisito obbligatorio nel trattamento della steatosi epatica non alcolica in pazienti sovrappeso. Negli ultimi anni è stata studiata l’efficacia di numerosi farmaci nel migliorare il quadro di fegato grasso, alcuni dei quali hanno fornito dati preliminari promettenti.

 

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