di Maria Lombardo*
Caratteristiche del territorio, imprenditori capaci e governi lungimiranti resero possibile per secoli l’esistenza di un distretto industriale conosciuto anche nei paesi d’Oltralpe
Nel Regno di Napoli l’industria della carta risale all’XI secolo circa. Furono gli amalfitani, esperti imprenditori del settore, a creare un fiorente bacino per la vendita del prodotto non solo sul suolo italico, ma anche in Europa. Soprattutto usufruendo delle moderne tecnologie riuscirono ad importare e a diffondere le tecniche di lavorazione, monopolizzando per molti anni il mercato cartario grazie all’alta qualità del loro prodotto. La zona a vocazione specifica per tale prodotto era quella del Liri, ricca di acque purissime e particolarmente adatte al trattamento della carta. Agli abitanti della zona non restò, quindi, che assimilare il procedimento di lavorazione già sperimentato dagli amalfitani e perfezionato dai fabrianesi.
Non a caso la prima cartiera della zona del Liri risale, infatti, al 1516 e fu fondata a S. Elia Fiumerapido su commissione dell’Abbazia di Montecassino che voleva rendere più autonomo il suo operoso scriptorium anche dal punto di vista della produzione dei supporti. Questa di Fiumerapido fu solo un prototipo, come se si fosse deciso di far sviluppare nel comprensorio altre cartiere tutte con potenzialità elevatissime. La cartiera di Carnello ed una seconda a S. Elia tra il 1519 e il 1591; la cartiera dell’Anitrella a Monte S. Giovanni Campano intorno al 1777 e quella di Sora nel 1796. Altre cartiere ritenute storiche vengono fondate e iniziano la produzione nel periodo che va dal 1812, con quella del Fibreno a Isola Liri, fino al 1896 con la Cartiera Tersigni a Fontana Liri. Il primo impianto (1630) risulta dalle note storiche la Bartolomucci a Borgo Castellone, ma bisogna attendere l’inizio del XIX secolo per avere altre indicazioni, che testimoniano un suo ampliamento sull’onda del successo imprenditoriale della contemporanea Cartiera del Fibreno a Isola Liri. Fu fondata da Carlo Antonio Beranger nei locali dell’ex convento dei Carmelitani di Santa Maria delle Forme, in località Tavernanova, non molto distante da Isola del Liri. La scelta di questa location fu molto importante: il Beranger, già stampatore e fonditore, nel 1811 chiese la concessione dei locali del convento per convertirli ad uso industriale, facendo nascere la cartiera. Ottenuti i permessi e con un prestito di tremila ducati erogato dal ministero dell’Interno, trasformò la struttura in uno stabilimento in grado di ospitare i macchinari necessari per la produzione della carta; inoltre, avendo avuto anche la concessione del parco circostante, trasformò la borgata agricola in un vero e proprio quartiere operaio. Questa trasformazione diede vita, al tempo stesso, alla costruzione di un quartiere “bene” nella città, abitato da una cerchia altolocata, costituita prevalentemente da imprenditori francesi, i quali denominarono Isola del Liri la “Piccola Parigi”.
Lo stabilimento, che già nel 1813 era di notevoli dimensioni e disponeva di macchinari moderni, produceva carta velina e carta da disegno di ottima qualità; la cartiera era alimentata dall’acqua proveniente dal fiume Fibreno, affluente del Liri, tramite un apposito canale, lungo due chilometri, detto “delle Forme”. La cartiera assunse un ruolo fondamentale nel quadro economico industriale meridionale, grazie all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia che portarono alla razionalizzazione della produzione.
L’opificio in questione deve aver subito cominciato a dare buoni frutti, visto che nel primo quarto del XIX secolo i proprietari fratelli Bartolomucci iniziano complessi ed onerosi lavori di ampliamento, costruendo un edificio di tre piani, lungo centotrenta palmi, largo trenta e alto sessanta.
Lo stabilimento aveva macchine dell’ultima generazione con le quali venivano prodotti più di venti diversi tipi di carta, per la cui vendita era stato acquistato un magazzino (fondaco) al centro di Napoli. Esistevano anche delle abitazioni per i sessantaquattro operari (trentadue donne e trentadue uomini) che venivano istruiti da personale francese, anch’esso in alloggio nella cartiera, ed anche per il direttore dello stabilimento Lorenzo Montgolfier, della famiglia dell’inventore dell’aerostato.
Nel 1828 a causa della distanza dalla strada consolare che richiedeva trasporti costosi delle materie a dorso di mulo, i Bartolomucci chiedono la costruzione di una strada da Picinisco ad Atina; questi lavori di miglioramento hanno il loro punto più alto quando la cartiera Bartolomucci diventa fornitrice del Ministero degli Interni e viene ritenuta la migliore cartiera del Regno delle Due Sicilie. Carlo Lefebvre acquistò macchinari innovativi e produsse carta di ottima qualità, rendendo la Cartiera del Fibreno, con i suoi duecento operai, la più importante d’Italia, un’eccellenza testimoniata anche dalla visita di Ferdinando II di Borbone nel luglio del 1832. Le attività del signor Lefebvre procedono indisturbate con una costante di quattrocento operai e cinquemila cantaja (unità di misura dell’epoca) di carta per lo stabilimento di Sora, e addirittura un incremento di operai da quattrocento a quattrocentosettanta, e di produzione da centocinquantamila a centonovantasettemila risme, per quello di Isola del Liri. La disponibilità interna di stracci a basso costo permetteva infatti di sostenere la concorrenza europea, non solo all’interno del paese, ma anche nei mercati d’Oltralpe, tant’è vero che nel 1861 si era arrivati perfino a fornire centocinquantanove risme di carta stragrande al giornale «The Daily Telegraph» di Londra.
La politica economica postunitaria impedirà al settore cartario di proseguire quel cammino di grande espansione che ne aveva fatto al momento dell’unità il principale distretto di produzione italiano (25,23 per cento della produzione nazionale nel 1862), ma che in pochi anni sarà superata da altri distretti industriali del nord del Paese.
* Storica, giornalista e blogger. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureata all’Università di Messina con il massimo dei voti nella facoltà di Scienze dell’educazione. Autrice del libro “Sotto il segno dei Borbone”, Bonfirraro Editore.
Le foto sono state gentilmente fornite dal Museo della Carta di Amalfi per gentile concessione del direttore Dott. Emilio de Simone https://www.museodellacarta.it
Fonti
- M. De Augustinis, Agli Scienziati d’Italia del VII Congresso, Napoli, Stamperia e cartiere del Fibreno, Atti del Congresso; Mariani, Storia della carta dalle origini al 1700, Cultura e Scuola XXVIII (1989), N.109 pp. 267-277; M. Lanni, Storia di Sant’Elia Fiumerapido, Napoli, 1973; L. Fabiani, La Terra di S. Benedetto, Isola del Liri, 1950
- Assante, Le Cartiera Amalfitane, Una riconversione industriale mancata nei secoli XII-XX, Studi dedicati a Franco Barlandi, Bologna 1976, pp. 744
- Gennaro De’ Crescenzo, Le Industrie del Regno di Napoli, Ed. Grimaldi, Napoli, 2003 p. 11
- Prisco, Memorie riguardanti le arti, le manifatture e le Industrie del Regno, e su dei mezzi da praticarsi pel loro miglioramento e incoraggiamento, Napoli, 1821
- Guida, Tipologia e morfologia edilizia della fabbrica tra paleoindustria e rivoluzione industriale, in Manifatture in Campania, Napoli, 1983, p. 46
- Ivi, pag 63
- Archivio di Stato di Napoli, fondo Ministero Agricoltura Industria e Commercio, fascio 513, 15 ottobre 1861
- M. Galanti Della descrizione geografica e politica delle Due Sicilie, Vol II p 101.