Porcellane di Capodimonte: i capolavori dell’oro bianco partenopeo

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Ci fu un tempo in cui gli uomini provarono a trasformare la terra in oro: non riuscirono ad ottenere il prezioso metallo giallo, ma crearono un latteo impasto con cui modellare fragili e pregiate opere d’arte. Così nascono le porcellane di Capodimonte, eccellenza dell’artigianato Made in Italy.

Nel XIII il mondo allora conosciuto era attraversato da viaggiatori, mercanti ed esploratori: uno dei più celebri avventurieri dell’epoca, Marco Polo, tornando dalla Cina portò con sé in Europa una primitiva forma di quella che oggi chiamiamo “porcellana”, una pasta dura verniciata di bianco o marrone. Solo diverso tempo dopo, esattamente agli inizi del XVIII secolo, uno studioso sassone ottenne un materiale a pasta tenera dalla fusione di caolino e feldspato, lavorato dal 1710 nella fabbrica tedesca di Meissen. Nonostante i rigidi controlli, le tecniche di lavorazione e il segreto di questo duttile materiale oltrepassarono i confini e giunsero in Italia, nell’area collinare alle porte di Napoli.

Il re Carlo di Borbone e sua moglie Amalia di Sassonia fondarono nel 1743 la Real Fabbrica di Capodimonte all’interno dell’omonima Reggia. I due sovrani avevano tutta l’intenzione di dare vita a preziosi oggetti all’altezza di quelli sassoni. Ben presto la tradizione partenopea superò quella germanica nella creazione di veri e propri capolavori. Autori del miracolo Made in Italy furono lo scultore Giuseppe Gricci, il decoratore Giovanni Caselli e il chimico Livio Ottavio Scheper che studiò e perfezionò l’impasto composto da una fusione di varie argille provenienti dalle cave del Mezzogiorno miste al feldspato, fino ad ottenere un materiale tenero e color latte pervaso da quel particolare effetto di compattezza e trasparenza che contraddistingue le ceramiche di Capodimonte e le rende differenti da tutte le altre.

Gli artisti di Capodimonte erano ammirati in tutto il mondo per la loro abilità plastica e pittorica: massimo esempio di questa capacità è il Salottino di porcellana creato dallo scultore Giuseppe Gricci per la regina Amalia.

La tradizione di questa antica lavorazione è fortemente radicata nel territorio campano: nel 1961 è stato fondato l’Istituto di Istruzione Superiore Statale “Giovanni Caselli” per insegnare le tecniche della creazione di manufatti in preziosa porcellana alle nuove generazioni. L’Istituto è stato insignito della medaglia della Presidenza della Repubblica ed oggi detiene persino il marchio di fabbrica dell’antico Giglio Borbonico che contrassegnava le opere prodotte dalla Fabbrica durante i primi anni di attività.

Ma come nasce un oggetto in porcellana italiana?

Per realizzare un oggetto in porcellana di Capodimonte si parte da un’idea, o meglio, dal disegno di quest’idea. Nella prima fase si crea il modello di gesso: lo scultore modella sul tornio un blocco di gesso con strumenti rudimentali e ne delinea la sagoma. Il modellista cesella e scolpisce a mano i dettagli dell’oggetto, ottenendo il calco. A questo punto si riversa nello stampo di gesso la porcellana in forma liquida, si lascia essiccare brevemente, mentre quella in eccesso viene riservata. Segue la fase della rifinitura dell’oggetto crudo con l’eliminazione di eventuali sbavature o imperfezioni che si possono verificare in fase di colaggio. Nel caso di una composizione floreale, la porcellana viene plasmata interamente a mano. Si passa alla prima cottura ad una temperatura di 1250 gradi per una durata che va dalle 8 alle 12 ore per ottenere l’oggetto in biscuit di porcellana. Ed infine si arriva alla fase della decorazione a mano, la fase più delicata e dettagliata, prima della successiva cottura a 750 gradi di circa 8 ore per fissare il colore.

Per scegliere un pregiato oggetto in ceramica di Capodimonte basta recarsi presso uno dei numerosi negozi e laboratori della provincia partenopea. Per ammirare le creazioni più belle, le antiche produzioni della storica Real Fabbrica della Porcellana, si consiglia una visita al Museo Nazionale di Capodimonte, ubicato all’interno della Reggia, al Museo Duca di Martina, presso Villa Floridiana nel quartiere Vomero, al Museo Civico Filangieri, ospitato all’interno del quattrocentesco Palazzo Como in via Duomo, e al Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes, presso Villa Pignatelli, nel quartiere Chiaia.

 

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