Il bambino nascosto, ode all’istinto di protezione – di Roberto Andò

margherita bordino

*di Margherita Bordino*

“Il bambino non dice nulla perché ha paura ma questo professore di musica capisce, da poche cose che  ricostruisce, che è in fuga dalla famiglia. Capisce che lo deve tenere lui. In  qualche modo si accorge presto che né la legge né il gesto più normale – riconsegnarlo alla madre – possono salvare il bambino. Se ne deve fare  carico lui”.

Con queste parole Roberto Andò, regista e scrittore, racconta  e spiega l’essenza del suo Il bambino nascosto, prima romanzo e ora film,  in sala dal 3 novembre con 01Distribution. E a lui si lega il protagonista  Silvio Orlando: “intuisco che il suo destino è segnato dietro quella porta.  Capisco che ha commesso uno sgarro a qualcuno di importante che non  viene perdonato nell’ambito di un  codice malavitoso. Lo intuisco, lo capisco, lo sento. Solo io posso salvarlo. E questo bambino cerca me forse  perché sono l’elemento più diverso di quell’ambiente. Non mi conosce, non  sa chi sono, ma comprende che forse sono la sua unica via di fuga”.

il bambino nascosto

Ed è  così che si incontrano in questo film un uomo di mezza età, di una certa cultura e classe sociale, e un bambino in cerca di futuro in un quartiere di Napoli non proprio raccomandabile. “Questa è una storia che può essere ambientata solo a Napoli secondo me, perché solo in questa città c’è una situazione in cui un professore di  quel tipo lì può vivere fianco a fianco  con una famiglia camorristica, altrove sarebbe impossibile perché c’è una  divisione totale tra i ceti popolari e  invece quelli borghesi, c’è una distanza molto forte. E invece bisognerebbe  accorciare una volta per tutte questa distanza”, aggiunge l’attore. In questa atmosfera si incontrano due solitudini. Si incontrano per fuga, per necessità, per paura, per  esigenza di sopravvivere. Ed è sempre così che due perfetti estranei  diventano piano piano punto di riferimento l’uno dell’altro. Salvezza,  rifugio, nuova vita.

E in questa narrazione cinematografica composta da  silenzi e sguardi, Gabriele Santoro, questo il nome del personaggio del professore, ripete spesso a memoria  una poesia che dice: “quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile  in avventure ed esperienze”. Poche e precise parole che racchiudono tutto il valore del film.  Più nel dettaglio, Gabriele Santoro vive in un quartiere popolare di  Napoli ed è titolare della cattedra di  pianoforte al Conservatorio San Pietro a Majella. Una mattina, mentre  sta radendosi la barba e il postino suona al citofono per avvertirlo che c’è un pacco, apre la porta e, prima di  accoglierlo, corre a lavarsi la faccia lasciando incustodito l’ingresso di casa  e permettendo così al piccolo Ciro di intrufolarsi e nascondersi. Gabriele  Santoro, “il maestro” come lo chiamano nel quartiere, si accorgerà di  questo bambino nella sua casa solo a tarda sera. Il suo istinto gli suggerisce  subito di non fare parola con nessuno di questo ospite, anzi di custodirlo  con cura e rispetto.

silvio orlando

La storia si svolge in pochi metri quadrati, quelli di un  appartamento signorile. Qui si misurano diverse sensazioni ed emozioni contrastanti della vita ma anche due spiriti del tutto differenti, difficili e diffidenti. “Questo appartamento che viene poi indagato dai malavitosi è una sorta di tana misteriosa come  spesso è la stessa Napoli, piena di anfratti, di buchi nascosti o che ti fanno nascondere e salvare al momento  giusto”, sottolinea Orlando.  Ciro è un “fuggitivo”, è vero, ma ancora prima di lui e per motivi differenti  anche il Maestro Gabriele Santoro ha  fato una cosa simile. “Tutti e due fuggono da qualcosa”, aggiunge l’attore.  “Anche il mio personaggio in qualche modo è scappato dal suo ceppo  familiare con il quale ha diverse incomprensioni. Sono due famiglie da  cui entrambi in un qual senso sono espulsi, però c’è la madre di Ciro che  a suo modo svolge un ruolo fondamentale. Anche lei capisce qualcosa e  aiuta questa sua fuga”.

Il bambino nascosto è uno di quei film che non può non essere amato da chi si nutre di bellezza, di arte, di poesia, e al tempo stesso potrebbe essere detestato da chi ha bisogno  di velocità, di frenesia visiva e di linguaggio. Il bambino nascosto è un  film sul desiderio di aiuto, di gioco, di comprensione e di protezione, che in fondo riguarda tutte le generazioni e le estrazioni sociali.

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