E se il figlio è in difficoltà?

di Bruno Pisani

 

Spesso i genitori lasciano i figli nel mare aperto delle difficoltà, in balia dei venti delle loro indecisioni, magari credendo di rispettare la loro autonomia. Così facendo invece si alimenta l’anarchia decisionale che, soprattutto nel periodo adolescenziale, alberga in loro. La chiave di volta in molte situazioni critiche è saper aspettare, perché l’attesa con la sospensione del giudizio, unita alla capacità di capire che la giusta decisione ha i suoi tempi di maturazione, costituisce una delle sapienze trasmessaci dai nostri genitori. Attesa spesso accompagnata da una fase di buio e di forti tentazioni di ritornare sui propri passi.

L’attesa è anche la fase della nostra vita in cui si possono sviluppare le consapevolezze sul nostro operato, sulla qualità delle relazioni, il tutto per una successiva messa a punto che ci consentirà di ripartire con maggiore energia. Quanto più lungo e sofferto sarà il periodo dell’ attesa, tempestato dai forti venti del dubbio, tanto più ricchi saranno i frutti maturati. Il tutto sarà vissuto comunitariamente in famiglia ed oltre i limiti della nostra casa per non sentirsi soli e schiacciati dalle incertezze.

Un’eccellente compagna di viaggio durante le insicurezze dell’attesa sarà la nostra autoironia: saper ridere delle nostre debolezze ricordandoci di come in passato abbiamo superato periodi analoghi. Vivere insieme ai figli le loro incertezze ha un alto valore pedagogico perché ci insegna quanto siamo fragili e quanto sia pericoloso pensare di potercela fare da soli. Le sfide educative dei nostri tempi vanno affrontate insieme ed i genitori che si trovano sempre in prima linea non devono sentirsi soli.

La vicinanza ai figli nei loro momenti difficili li aiuterà a rappresentarsi come persone coerenti e con la dote di continuità di pensiero. A sviluppare la capacità di chiedere aiuto nei momenti di difficoltà.

Mi scrivono due genitori: «Quante volte abbiamo sbagliato nella vita, quante illusioni vissute intensamente per poi svegliarsi con niente tra le mani. Progetti per i figli che svaniscono, sogni troppo belli per avverarsi, affogati col tempo nell’amarezza della realtà. Quante volte abbiamo pensato di farcela da soli, che alla fine tutto si sarebbe sistemato per il meglio. Eravamo incapaci di vedere quello che stava davanti ai nostri occhi, questo l’errore più grande che è difficile perdonarsi. Troppo difficile rimanere in equilibrio personale per pensare di poter aiutare i figli. Essere genitori è una mano che fluttua nell’aria vicino al viso dei figli e che aspetta il giusto tempo per accarezzare, indicare , stringere, avvisare, afferrare, guidare, tremare…».

Dobbiamo essere pronti ad abbracciare quello che siamo, per ripartire e trasformare gli errori in ali che ci faranno volare verso nuovi orizzonti. Non cambiare nei momenti di delusione le decisioni ed i progetti che abbiamo avviato nei momenti di consolazione.

Manteniamo gli impegni testimoniando ai figli che una caduta non ci fermerà nel cammino della vita.

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