di Luigi Polillo
Curatore e critico d’arte, si laurea in Storia e Conservazione dei Beni Culturali con indirizzo storico-artistico e prosegue il suo percorso ampliando gli studi in Scienze filosofiche con indirizzo etico-estetico. Organizza eventi artistici e culturali. Affina sempre più la sua ricerca sulle Neoavanguardie sviluppatesi negli anni ’60 e ’70 sino alle ultime tendenze artistiche. Collabora con riviste specializzate del settore.
Nel corso della mia attività curatoriale ho sempre ricercato qualcosa negli artisti che rispecchiasse parte di me, del mio inconscio, ed è così che conobbi e apprezzai l’arte di Vinicio Momoli. Sin da giovane egli rimane affascinato dalle bellezze della sua città e una incolmabile sete di conoscenza lo porta a confrontarsi con altre realtà artistiche e culturali come Parigi e New York; il suo è un percorso caratterizzato da un’evoluzione continua, da un’assidua sperimentazione di materiali perlopiù industriali. In questo periodo storico, dove si intensifica un processo di globalizzazione irrefrenabile, nascono e si convertono nuove idee, ma il processo artistico propagatosi negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, con l’affermazione di neoavanguardie come la Minimal Art, l’arte concettuale e la Land Art, rimane di fondamentale importanza per le odierne sperimentazioni. Vinicio Momoli nasce e si forma su un pensiero minimalista. Nelle attuali opere si evince la consapevolezza del concetto incentrato sul rapporto “oggetto-spazio-fruitore”, caratteristico della ricerca minimalista; genera delle opere estetiche del nostro tempo e coinvolge, in un energico gioco di piani volumetrici e di una concreta materialità, lo spettatore; si assiste ad un ritorno all’elemento e alla manualità; la sua arte si impianta nella collettività con una pregnante e significativa presenza, attraverso un messaggio ottico-percettivo originato dalla sintonia tra spazio e materia; instaura un dialogo emozionale e concettuale con il fruitore, è ancorato in una dimensione universale dell’arte, nelle sue opere esalta, tra spazi infiniti, i colori del proprio vissuto, e ci svela come nel campo delle sensazioni e percezioni della vita tutto si intrichi e si compensi; crea con forme casuali, monocromatiche e contrastanti un movimento irripetibile del colore e della materia, fondato sulle emozioni che l’uomo vive nel globo.
L’artista utilizza la gomma, un materiale proveniente da polimeri naturali e sintetici; la sceglie per la sua duttilità, l’assembla e la manipola per i suoi scopi sino alla genesi dell’opera; il colore diventa un elemento vivace e armonicamente in contrasto, ma nello specifico travalica il suo ruolo e con una decisa manualità si tramuta in una sostanza creativa. Il rigore geometrico perde quindi la sua rigidità, ampliando le sue possibili variazioni nella forma, che diventa di conseguenza più morbida e concretamente attiva. L’uso della gomma porta alla creazione di opere scultoree, generando un gioco di volumi, compattezza e sensibilità; rappresenta sostanzialmente una realtà immaginaria misteriosa, genera, senza nessuna premeditazione nelle forme, un’arte che enfatizza il contenuto vitale dell’individuo e comunica un messaggio positivo.