Palermo, la bella arabo normanna

di Paola Vignati*

 

Il percorso che collega i siti più significativi dal 2015 è Patrimonio Unesco

 

La Palermo arabo normanna è un percorso di grande fascino e una storia di integrazione e di bellezza che rendono unica la città siciliana. Questo percorso che collega i siti più importanti è stato denominato Patrimonio Unesco nel 2015.

La storia della Palermo arabo normanna inizia nel 827 d.C. quando i tunisini conquistano Palermo e, nel giro di pochi anni, la trasformano in uno dei più grandi centri di cultura araba in Occidente, conosciuto come Balarm. Il loro dominio durerà per oltre due secoli, fino all’arrivo dei Normanni.

Papa Nicolò II, preoccupato per il diffondersi dell’Islam, chiede aiuto a Ruggero II, re dei Normanni, che espugna, in tutto il sud Italia, i domìni musulmani e bizantini, dando vita nel 1130 al Regno di Sicilia con capitale Palermo. Regno che, sotto varie dominazioni, durerà fino al 1861.

Ruggero II è un sovrano illuminato che non soffoca la cultura precedente, anzi ne è affascinato. Nei ventiquattro anni del suo regno crea, infatti, una delle corti più importanti dell’epoca.

Nessun edificio di epoca araba è giunto ai giorni nostri, tuttavia grazie ai normanni, che hanno assorbito i segni di quella cultura così ricca, è possibile trovare nelle costruzioni dell’epoca i tratti distintivi dell’architettura araba.

Il Palazzo dei Normanni

Ruggero II trasforma la fortezza araba Qasr nella sua residenza: il Palazzo dei Normanni. Da Qasr deriva Cassero, il primo nome di via Vittorio Emanuele, la strada che collega la città al mare.

Il Palazzo dei Normanni

La sala di Ruggero

La sala di Ruggero è una stanza privata del sovrano; è un unico fondo di tessere di mosaico laminate d’oro, in cui convivono pacificamente i pavoni bizantini, l’aquila Svevia e gli uccelli del Corano. Ruggero si dimostra ancora una volta interessato alle culture orientali e le incorpora in un grande messaggio di tolleranza rappresentata da stupefacenti mosaici.

La sala di Ruggero

La Cappella Palatina

Ruggero ordina la costruzione di una chiesa privata per la famiglia reale all’interno del Palazzo dei Normanni. Nasce così una delle meraviglie di Palermo che, da sola, vale il viaggio: la Cappella Palatina.

Il suo obiettivo è dimostrare la potenza del suo regno, ma anche trasmettere il messaggio che religioni differenti possano convivere con il Cristo Pantocreatore al centro.

Le iscrizioni lungo le pareti sono in latino e greco. I lavori sono affidati a varie maestranze: bizantine per i mosaici in oro e i campane per i pavimenti, a motivi islamici, in cui il cerchio è il protagonista. Nelle pareti episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento, medaglioni raffiguranti i santi e i padri della chiesa.

Il soffitto è decorato con delle stelle e, lungo le pareti, le muqarnas, elementi tipici dell’architettura araba che raccontano la vita araba in Sicilia.

La Cappella Palatina

La Cattedrale di Palermo 

Due dei più importanti capolavori dell’arte arabo normanna di Palermo si devono ad un’acerrima rivalità: quella tra il sovrano Guglielmo II, nipote di Ruggero II, e il suo precettore Gualtiero Offamilio, arcivescovo della città.

Il primo è la Cattedrale di Palermo, voluta da Offamiglio e consacrata nel 1185. Dove un tempo c’era la più grande moschea della città ora sorge una cattedrale maestosa che assomiglia più ad una fortezza che ad una chiesa, con imponenti torri ed arco ogivale che la collega al palazzo arcivescovile.

La facciata è decorata con intarsi a pietra lavica di matrice islamica. L’architettura cristiana e araba si fondono ancora una volta. Sulla prima colonna sinistra del portico un’iscrizione in arabo, è una sura del Corano: “Egli copre il giorno del velo della notte che avida l’insegue; e il sole e la luna e le stelle creò, soggiogate al suo comando. Non è a Lui che appartengono la creazione e l’ordine? Sia benedetto Iddio, il Signore del Creato”.

La Cattedrale di Palermo

La costruzione della cattedrale è la risposta di Offamilio a Guglielmo II che sta edificando il Duomo di Monreale, ultimato nel 1176. E’ un’opera maestosa, di una bellezza straordinaria per la ricchezza delle sue decorazioni in mosaico realizzate da maestranze bizantine e venete.

Le tessere dei mosaici non sono lineari al tatto per poter catturare meglio la luce e rifletterla più intensamente.

Lungo le pareti la storia dell’umanità narrata dalla Bibbia: la creazione, Adamo ed Eva, Caino e Abele, l’arca di Noe. Tutti gli episodi biblici sono di facilissima riconoscibilità, con un chiaro scopo pedagogico. Nella fascia inferiore è descritta la vita di Gesù.

Tutti i capitelli sono in granito grigio, tranne il primo a destra dell’ingresso che è in marmo cipollino, un materiale povero, forse a voler indicare il peso dell’uomo che regge le sorti della chiesa.

Guglielmo fa rappresentare se stesso per due volte nei mosaici: quando riceve da Cristo il trono, per indicare che la sua sovranità è il volere divino, e nell’atto di donare alla Madonna il duomo di Monreale.   Queste due straordinarie opere sono complementari: la cattedrale di Palermo è bellissima all’esterno e il duomo di Monreale regala il suo massimo splendore all’interno.

Il chiostro del Duomo di Monreale

Il chiostro del Duomo di Monreale è un capolavoro di arte medievale, costruito in marmo e pietra lavica.

Un altro esempio della grande apertura culturale di Palermo: nel 1110 artisti bizantini, arabi e normanni lavorano insieme per la sua realizzazione e sintetizzano uno stile unico. Nel chiostro si trova una fontana d’angolo con al centro una palma stilizzata di sicura origine araba perfettamente integrata nell’ambiente benedettino.

Il Duomo di Monreale

Il Palazzo della Zisa

Il Palazzo della Zisa si deve a Guglielmo I, figlio di Ruggero II, che continua la tradizione di tolleranza e di apertura culturale verso l’Islam del padre, con un gioiello di architettura arabo normanna.

La Zisa, in arabo la splendida, è costruita nel genoardo, un luogo creato dagli arabi, ricco di giardini e specchi d’acqua, genoar significa appunto paradiso in terra.

La sala della fontana rappresenta il massimo splendore della Zisa: i mosaici sono di origine bizantina, gli arcieri scoccano la loro freccia simbolo della conoscenza che distrugge l’ignoranza, la palma rappresenta la vittoria e i pavoni sono simbolo islamico dell’immortalità; infine, la coda a ruota del pavone raffigura l’universo in perenne divenire.

La fontana al centro della sala conclude il percorso architettonico, oltre alla funzione pratica di raffreddare il palazzo sempre secondo i criteri di costruzione araba. Il palazzo ha vari condotti e finestre che convogliano l’aria calda verso la fontana in modo da rimetterla in circolo rinfrescata.

Inoltre si aggiungono tende bagnate sulle finestre per mantenere la frescura. Un antico, ma ancora valido sistema di condizionamento. Le grandi vasche d’acqua antistanti al palazzo erano, in epoca normanna, collegate direttamente alla sala della fontana attraverso un canale.

Il Palazzo della Zisa

Palazzo della Cuba

Il Palazzo della Cuba opera di Guglielmo II, nipote di Ruggero II, è un padiglione delle feste di ispirazione islamica. Interessante l’esposizione delle finestre a nord per convogliare l’aria fresca all’interno. All’epoca era circondata da specchi d’acqua. Anche questo palazzo è costruito nel Genoardo, nel 1180. Tra i siti della Palermo arabo normanna, la Cuba è la più scarna, ben poco è rimasto dei fasti del passato.

Palazzo della Cuba

Chiese di ispirazione araba

San Giovanni degli Eremiti è costruita secondo le norme dell’architettura araba, le cinque cupole rosse rimandano alle moschee, seppur il colore sia stato aggiunto, in un successivo restauro, nell’Ottocento, in cui si tenta di riportare la chiesa alla sua condizione dell’XI secolo. Il complesso era probabilmente un monastero trasformato in moschea, Ruggero II lo affida ai benedettini intorno al 1130. Oggi quel che resta dell’antico monastero è il chiostro con il pozzo e il giardino. Infine la Chiesa di San Cataldo con le sue cupole rosse costruita da maestranze islamiche con criteri romanico occidentali fa parte di un complesso di edifici andati perduti.

San Giovanni degli Eremiti

 

 

Paola Vignati*   «Sono lettrice da sempre e viaggiatrice da molto. Libri e viaggi, più che passioni sono due vere ossessioni. Ogni libro ne richiama inesorabilmente un altro, in ogni viaggio non si è visto tutto. Da questa spasmodica curiosità verso il nuovo e l’ignoto sono venute esperienze che mai avrei pensato di fare e che hanno cambiato, in meglio, il mio modo di viaggiare e di leggere. Leggere di un Paese, prima di visitarlo, crea una sorta di mappa mentale prima della partenza. Ma anche aspettative, e soprattutto uno sguardo diverso». www.paolavignati.com

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