La pandemia immateriale

Una ricerca della Società Italiana di Intelligence sugli effetti del Covid-19 nella comunicazione. Il ruolo incontrollabile di whatsapp

di Fabio Lagonia

Il coronavirus è stato il protagonista indesiderato e invadente di questo primo semestre del 2020; e temiamo lo sarà ancora, almeno fino a quando la scienza non ci darà il vaccino. Ma accanto all’aspetto sanitario causato da questo ospite non gradito ce n’è un altro che attira l’attenzione delle scienze sociali: la sua dimensione immateriale e comunicativa, con i relativi meccanismi e funzionamenti. Un ambito che comprende un altro tipo di contagio, ancora più pervasivo, e che avviene attraverso informazioni inventate, ingannevoli, distorte, amplificate, o anche mediante incoerenza delle dichiarazioni delle autorità. L’individuazione del problema di un contagio mediatico è stato oggetto di uno studio effettuato dal dottor Luigi Giungato, ricercatore della Società Italiana di Intelligence (SOCINT), con il coordinamento del presidente Mario Caligiuri, docente e direttore del Master in Intelligence all’UNICAL. La ricerca, dal titolo “La pandemia immateriale. Gli effetti del Covid-19 tra social asintomatici e comunicazione istituzionale”, è stata condotta dal 1° febbraio al 10 aprile scorsi. Attraverso gli strumenti della sentiment analysis  applicata ai media è stata analizzata la narrazione mediatica del “fenomeno coronavirus” nel nostro Paese, per individuare non solo la dimensione immateriale del contagio ma anche i suoi effetti sull’opinione pubblica. Il risultato descrive un’emergenza e una psicosi subìta da parte della popolazione italiana, al contrario di altre comunità nazionali in cui sembra essere avvenuto il percorso inverso, ovvero che la società civile abbia dettato le azioni alle autorità. Osservando nel dettaglio l’andamento dei trend topic in Italia e comparandolo con l’analisi di quelli internazionali si ha l’impressione che siano state le azioni messe in atto dall’autorità prima, e i mass media mainstream poi, a imporre all’attenzione dell’opinione pubblica l’argomento “coronavirus” in Italia, e che solo successivamente questi siano stati influenzati dall’opinione pubblica stessa. I big data del resto d’Europa e del mondo – sempre secondo questa ricerca  di Giungato – dicono invece che il volume generato dalle interazioni social (soprattutto tramite Youtube, Facebook e Twitter) possono avere influenzato i news media mainstream che, a loro volta, possono avere influito sulle scelte finali dei decisori. Caso a parte gli Stati Uniti, dove a dettare l’agenda sono state le vicende economiche, con i vari crolli avvenuti a Wall Street e con la decisione del presidente Trump di chiudere lo spazio aereo civile ai voli provenienti dall’Europa. Un altro chiaro esempio di tali dinamiche viene offerto dal caso britannico: le pressioni provenienti dal basso hanno causato un radicale cambiamento di rotta nelle politiche adottate dal governo Johnson.

La popolazione, smarrita e sorpresa dal distanziamento sociale imposto, si è resa ancora più dipendente da computer, smartphone, tv, con una percezione della realtà  basata esclusivamente sui mezzi di informazione di massa e interpersonali, tra i quali emerge il ruolo non facilmente misurabile ma determinante di WhatsApp. A questo aspetto la ricerca della SOCINT ha dedicato una parte cospicua dello studio effettuato da Giungato, il quale ha evidenziato la propagazione di condivisioni collettive di narrazioni frammentate e incoerenti, il più delle volte false e molto spesso nella inconsapevolezza di chi le trasmette. La veridicità o la finzione del contenuto, o anche l’oggettività della fonte, vengono affidati all’interpretazione del destinatario che possono innescare reazioni imprevedibili. La disinformazione, pertanto, si annida endemicamente al pari del virus biologico, modificando le strutture discorsive. È questo il terreno della post-verità. Terreno che in altre aree del pianeta (la Cina) ha indotto l’autorità a operare la scelta più facile: il controllo centralizzato diretto dei software, degli algoritmi e dei contenuti veicolati. Pulsioni di censura e controllo che diventano una sfida alla democrazia, che genera timori e pone interrogativi sulla sorveglianza di massa. Temi, questi ultimi, che attengono alla sicurezza e alla libertà dei cittadini e che saranno oggetto di successive ricerche sociali. La ricerca completa è disponibile su   www.socint.org

 

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