Lo Zafferano del Re

Quando natura e storia incontrano la passione per il territorio

di Asmara Bassetti

Coltivare in modo naturale un prodotto lavorato un tempo in Calabria, riportando alla luce una spezia che ha rischiato quasi di scomparire. È questo il progetto nato nel 2018 da Benedetta e Maria Concetta Linardi, sorelle e socie dell’azienda agricola Linardi, impresa a conduzione familiare di Castiglione Cosentino che attraverso il marchio “Zafferano del Re” ha avviato una coltivazione di zafferano con metodi naturali.

A favorire l’interesse per la spezia anche la scoperta che l’”oro rosso” venisse coltivato nel territorio cosentino già nel ‘500: per questo Benedetta va in Emilia Romagna, presso una delle maggiori produttrici di zafferano in Italia ad apprenderne il ciclo produttivo. La presenza di terreni appartenenti al nonno, ha spinto poi le due imprenditrici a ripulirli e ad iniziare una piccola coltivazione di prova e a dare in seguito vita all’azienda. Così le due sorelle si sono trasferite qualche anno fa da Rende nel piccolo comune a 400 metri sul livello del mare, che sovrasta la valle del fiume che bagna Cosenza, il Crati, al quale è collegato il nome del marchio. La leggenda narra infatti che nel Crati – nel punto in cui si incontra col Busento – sia seppellito con il suo tesoro Alarico, re dei Visigoti. Collegando la volontà di cercare l’oro di Alarico da parte dell’amministrazione del capoluogo brutio, con la propria ricerca dell’oro rosso, è nato dunque il suggestivo nome Zafferano del Re.

Ciò che rende rara l’azienda è che, dalla produzione al confezionamento, tutte le fasi sono svolte a mano e con metodi naturali. Non solo perché con i fiori di zafferano, essendo molto fragili, è difficile lavorare in modo meccanico, ma anche per non avere impatti negativi sull’ambiente, andando ad abbracciare ancor di più l’idea delle due calabresi di fare agricoltura preservando la natura.

«I terreni coltivati hanno una certa pendenza per non far ristagnare l’acqua – spiega Benedetta – e non possono essere utilizzati per due anni di seguito: lo zafferano ha bisogno di un terreno sempre ricco di azoto, per questo è stata scelta una coltivazione con rotazione annuale, così da consentire al terreno di “riposare” almeno un anno». Ci si alza quando è buio e i fiori sono ancora chiusi, continuando la raccolta per tutta la mattinata. Un lavoro non poco faticoso, vista la posizione china da mantenere, e su terreni di un certo dislivello. I fiori si portano poi al laboratorio, realizzato nel centro storico di Castiglione Cosentino, per contribuire così in qualche modo a ripopolare e riattivare il piccolo borgo. Qui si passa a separare dal fiore i rossissimi stigmi , quelli che regalano colore ai piatti, per metterli in un essiccatore. I bulbi restano invece nel terreno fino a maggio, quando si estraggono, si separano – poiché avranno dato vita ad altri bulbi più piccoli – e si fanno riposare fino ad agosto, quando vengono piantati nuovamente in attesa della raccolta, ad ottobre.

«La fase difficile non è la produzione, quanto piazzare lo zafferano sul mercato» ci dice ancora Benedetta. Bisogna infatti fare i conti con la concorrenza dei grandi produttori esteri, i quali producono  la spezia in modo industriale e la vendono a costi bassi, a discapito di prodotti di nicchia come lo Zafferano del Re, che essendo prodotto in maniera artigianale e secondo antiche tradizioni contadine, ha ovviamente dei costi di manodopera maggiori. Ma questo non ha fermato Benedetta e Maria Concetta, che in  questi due anni hanno avviato collaborazioni con altri marchi calabresi, dando vita a prodotti a base della spezia, come il miele o la farina, o ancora i frollini allo zafferano, realizzati da una cooperativa sociale che aiuta giovani disabili ad inserirsi nel mondo lavoro. Altre idee sono ancora in cantiere, come quella del riso – rigorosamente di Sibari – allo zafferano, progetto che va ad aggiungersi alla volontà delle due giovani di favorire la diffusione di prodotti autoctoni e naturali, poiché «abbiamo una grande passione: fare agricoltura nella nostra terra, preservando la natura e la biodiversità dei nostri territori».

 

 

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