L’unità dell’androgino

di Fabrizio Citton

Il lavoro qui presentato è stato oggetto di un’esperienza espositiva all’interno di un’attività artistica del laboratorio di Design ed Arti contemporanee D.MOD della città di Mestre. Il lavoro era indirizzato alla realizzazione di un ciclo di sculture che vertevano sulla riflessione intorno al tema dell’androgino platoniano. Due volti cavi, quattro figure scomposte nel medesimo corpo, una duplice testa, diventano la rappresentazione e l’espressione della potenza dell’unità. Un’impostazione classica della figura invece doveva accentuare la solennità dell’immagine e del contenuto elaborato.

Unità intesa come aggregazione, come processo dialettico, cioè un processo che genera forza fisica e psichica, una forza che si trasforma e dimentica l’origine del singolo. È  il “terzo genere”, due soggetti entrambi partecipi, entrambi presenti, in una fisionomia che accoglie la duplicità. È una forza terribile, come si diceva nell’antica Grecia, di grande vigore e possanza che voleva espugnare l’Olimpo degli dei, tanto che Zeus con l’aiuto di Apollo divise a colpi di saetta in due gli androgeni e creò i due sessi, dotandoli della possibilità di ricongiungersi e di ritrovare nella loro necessaria unione il proprio completamento.

In questo capovolgimento, dai singoli all’androgino o forse dell’opposizione dell’androgino ai singoli, può affermasi l’esistenza di un nuovo spazio, formato da una complessità di intenti e dalle diversità delle relazioni, incidendo su una trasformata apertura culturale che può scardinare i punti di origine. Così trasformati e potenziati nei dialettici intrecci della realtà, dimenticando la forza della solitudine, prende spazio la  forza potenziata della relazione,  la forza possente della diversità. Le diversità viste da un’altra prospettiva, diventano anche l’affermazione delle minoranze. Quelle minoranze che esprimono differenze, cioè quelle specificità che appaiono dalla complessità del nostro e del loro vivere e che cercano e vogliono trovare un proprio spazio, una propria motivazione di esistere. Per trovare e occupare questo luogo proprio, esse tendono a frammentare, ad erodere le mura granitiche dell’ordine costituito, poiché esigono trasformazioni, cambiamenti, tendono a porre in una luce di decadenza le strutture organizzative esistenti, richiedono quindi un movimento di rinvigorimento dell’intera comunità, che tuttavia non è in grado di dare tempestive risposte. È lo squilibrio di un canto rispetto alla sua base musicale, è il canto delle sirene che non consente ai naviganti di proseguire il loro viaggio. Ecco l’importanza del senso del dualismo che esiste dentro di noi, del senso di sentire l’altro o l’altra parte, non tanto come mera accettazione, ma come trasformazione e radicale cambiamento delle mentalità e del modo di pensare la nostra vita futura. Una spinta possente e un elogio all’agire, al coraggio.

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